domenica 21 dicembre 2014


Sveglia presto, colazione, quattro chiacchiere davanti al camino con i simpatici gestori della Baita della Luna e via per la prossima tappa. Parlando con loro siamo venuti a conoscenza dell'ottimo servizio "ALTA VIA INFO H24" (qui il volantino), molto utile per chi, come noi, ama questo itinerario davvero unico nel suo genere. 
La tappa di oggi, numero 41, dal Passo Alpicella al Valico dei Casoni è una tappa priva di difficoltà, ancora sull'ampia dorsale fra Vara e Magra.



La giornata era veramente bella, il sole appena alzato illuminava gli appennini, il cielo era tutto sereno, solo qualche nuvola era relegata nelle valli ai nostri piedi.







Tra boschi di pino, betulle e roverelle, siamo arrivati nei pressi del Monte Cornoviglio (1162 m s.l.m.), un vero e proprio balcone naturale, dal quale la vista spazia su Val di Vara, Lunigiana, Golfo della Spezia e Alpi Apuane. 
Così passando sulle pendici del Monte Cornoviglio, abbiamo proseguito sull'antica "strada regia".

In questo tratto il percorso dell’Alta Via ricalca più o meno fedelmente l’antica “Via Regia”, che si sviluppava sullo spartiacque tra Vara e Magra, partendo da Santo Stefano Magra e Ceparana, e arrivando fino al Monte Gottero e al Parmense. 



La “Via Regia” era assai importante in età medievale, perché costituiva un itinerario rapido, diretto e sicuro per i traffici tra Emilia, Toscana e Liguria.







Questa antica Via era intersecata da altri importanti itinerari di valico, tra cui quello della Foce di Cavagina, dove passava la mulattiera di collegamento tra Levanto e Parma, e quello della Foce del Termine, dove sorge ancora oggi una cappelletta-rifugio.
Dunque dopo aver oltrepassato la Sella di San Genesio (1042 m) siamo arrivati al terminale di tappa, al Valico o Passo dei Casoni (992 m s.l.m.).




Da qui, la prossima tappa, la numero 40, ove non siamo arrivati al finale di tappa, che sarebbe il Passo del Rastello, in quanto era ormai quasi alla fine il weekend, quindi abbiam dovuto scendere dall'Alta Via, nei pressi della Sella delle Quattro Strade (1021 m), praticamente a metà della tappa, dopo aver oltrepassato ricchi prati e pascoli di ovini, bovini e equini intorno al Monte Fiorito (1093 m). 

Siamo così scesi con il sentiero di raccordo ex 18 (ora 141), per Brugnato (ove tramite autolinee e treno avevamo pianificato il rientro a casa).
Arrivati dunque ai piedi del Monte Dragnone, abbiamo seguito il sentiero attorno al monte e siamo giunti a Pieve per poi proseguire fino a Serò.
Giunti a Serò, bellissimo paesino, abbiamo preso l'antica Reigada, percorso assai interessante e vario, tra boschetti, rocce e pascoli. Questa mulattiera era, a sua volta, un segmento di un più ampio itinerario noto nel medioevo come via de Pontremolo che collegava Levanto a Pontremoli. 
Non solo, ma la Reigada è anche uno dei simboli della guerra di Liberazione del circondario, in quanto fu percorsa dalle brigate partigiane in lotta contro i nazi-fascisti. 
Giunti a Brugnato (114 m), dopo una discesa di circa 1000 metri,  siamo arrivati alla fine di questa breve due giorni di trekking sull'Alta Via. Torneremo presto per continuare e completare questo meraviglioso "cammino".









sabato 20 dicembre 2014


Eccoci qui, nuovamente sull'Alta Via dei Monti Liguri, dopo l'emozionante Viaggio di Nozze ove percorremmo circa 250 Km,  a Maggio, a Dicembre, abbiamo pensato  di tornare a percorrerla, in modo da riuscire, facendo qualche tappa ogni tanto, a "completarla". 

A Maggio abbiamo percorso la metà occidentale dell'Alta Via, da sopra Genova (Piani di Praglia) a XXmiglia. 
La metà che rimane dunque, è quella orientale, da Ceparana (indicata come "inizio" o "fine" dell'Alta Via, dipende dal senso di marcia)  a  Piani di Praglia. 


Arrivati a Ceparana dunque, capolinea orientale dell'Alta Via, a soli 25 m sul livello del mare, abbiamo iniziato il cammino lungo la Tappa 43, da Ceparana al Valico dei Solini, con un dislivello di circa 600 metri. All'inizio abbiamo avuto un po' di problemi, soprattutto proprio nella piazza di Ceparana, dove ci sono cartelli che indicano la partenza dell'Alta Via, ma, a parte questi, indicanti il "voi siete qui" ... non vi erano altri segnali che potevano aiutarci a decidere la direzione da prendere. 

Stessa situazione già vista a XXmiglia ove, una volta arrivati all'ultimo Km, piano piano vanno a sfumare tutti i "segni" di presenza dell'Alta Via, peccato essa non sia valorizzata proprio nei suoi punti di inizio/fine. 
Il primo tratto lo si percorre tra ordinate fasce terrazzate ad ulivo, intricati arbusti della macchia mediterranea e case, fino alla collina del Debbio. Dopo un po' la strada si restringe, diviene sterrato in salita per un buon tratto e si attraversano ancora campi coltivati. 
Ancora un po' di alternanza tra asfalto e sterrato e, dopo un breve tratto ripido, si arriva nei pressi di Tirolo (400 m circa  s.l.m.). Si prosegue sulla parte di Alta Via, che sta per esser sostituito da un altro percorso che prevede il passaggio nel comune di Bolano (di cui Ceparana è frazione), e si arriva proprio al campo sportivo di questo comune.

Da qui si vede un sentiero AV che scende a Bolano, questo sarà un nuovo tratto dell'Alta Via che andrà a sostituire l'attuale percorso, passando proprio attraverso il paese di Bolano. Al momento non è ancora stata definita la variante da Bolano a Ceparana, questo dovrebbe poi sostituire l'attuale percorso che verrà abbandonato

Arrivati qua sopra si comincia a godere di un panorama davvero unico, la confluenza   dei fiumi Vara e Magra, il Golfo di Spezia con il promontorio di Portovenere e l'isola Palmaria e Tino sullo sfondo. 
Lasciato sulla sinistra il comune di Bolano, dalla località Cavanon, a 432 m s.l.m., abbiamo cominciato a camminare sul confine tra le regioni Liguria e Toscana.

Quindi, percorrendo un sentiero sterrato tra boschi di pino marittimo, passando a ponente del Monte Grosso, siamo arrivati al termine della prima tappa, il Valico dei Solini (575 m s.l.m.).




Qui ci siamo fermati per il pranzo al sacco, veloce, in modo da sfruttare le poche ore di luce del pomeriggio invernale, per giungere a destinazione prima che venisse buio, quindi siamo ripartiti, sempre su sterrato, tra boschi di castagno e pino, sulla tappa 42. Questa tappa, abbastanza breve, fino al Passo Alpicella, ci ha regalato scorci davvero notevoli, da una parte sulla Liguria e dall'altra sulla Toscana. Quindi siamo giunti al Passo Alpicella, finale di tappa, a  710 m s.l.m., ove nei pressi abbiamo consumato una cena squisita e pernottato all'incantevole Baita della Luna in compagnia di due ottime persone, i gestori Renzo e Mirella.


domenica 7 dicembre 2014

COSTA RICA (coast to coast)  
... all'Oceano Atlantico


Prima di raggiungere la costa sull'Oceano Atlantico, abbiamo visitato alcune zone particolari dell'entroterra del Costa Rica.
La prima tappa sulle montagne, la foresta nebulare nei pressi di Monteverde e Santa Elena,  è stata resa famosa da un reportage del National Geographic, pubblicato nel 1983, che terminava segnalando la regione quale luogo per eccellenza in cui osservare uno degli uccelli più famosi dell'America Centrale: il quetzal splendente.

Fu così che improvvisamente orde di turisti armati di treppiede e teleobiettivo iniziarono coraggiosamente ad avventurarsi sulle pessime strade di accesso alla zona, sconvolgendo la vita quotidiana della comunità di questi due piccoli paesi.
Nel tentativo di arginare il flusso turistico, gli abitanti dei villaggi fecero pressioni sulle autorità affinchè le strade non venissero asfaltate e i loro sforzi sono stati premiati, al punto che tuttora le strade sterrate che conducono a Monteverde e Santa Elena formano una sorta di barriera che circonda e protegge il prezioso esperimento di ecoturismo sostenibile.


La riserva racchiude una foresta vergine avvolta da foschia e rampicanti coperti di muschio, dove prosperano felci e bromeliacee, i torrenti scorrono impetuosi e la vita è in pieno rigoglio.
Purtroppo, a causa del maltempo che imperversava sulla zona in questo giorno, abbiamo potuto solamente apprezzare la flora, nonostante qui si possano avvistare molte specie di uccelli, coati, scimmie urlatrici, cebi cappuccini, bradipi, aguti e scoiattoli. Siamo stati invece molto fortunati nel sorprendere un armadillo molto vicino al nostro sentiero, ma che si è nascosto in fretta nella foresta, senza darci possibilità di scattare una foto.



Il maltempo ci ha tenuto compagnia anche nella seconda tappa durante il viaggio verso la costa atlantica, il Parque Nacional Volcan Arenal. 


Purtroppo la cima del vulcano è stata avvolta nelle nuvole per tutto il giorno e, nonostante nella zona ci siano bei sentieri da esplorare, la pioggia battente ci ha fatto optare per un giro di soli 8 Km per ammirare la famosa cascata nei dintorni di La Fortuna (Catarata de La Fortuna), uno scintillante nastro d'acqua cristallina che si getta da 70 metri d'altezza attraverso uno stretto canyon di nera roccia vulcanica.


Arrivati sull'Oceano Atlantico, ci siamo diretti verso il Parque Nacional Cahuita, la nostra ultima tappa in Costa Rica.
La piccola riserva di appena 10 Kmq è uno dei Parchi Nazionali più visitati del Costa Rica per la presenza delle spiagge di sabbia bianca, la barriera corallina e la foresta pluviale costiera, tutti brulicanti di fauna selvatica. 

Dichiarato Parco Nazionale nel 1978 Cahuita rappresenta l'ambiente tipico della costa, la cui elevata umidità determina lo sviluppo di una fitta vegetazione tropicale, con palma da cocco e scilla. 
Il territorio del parco comprende anche punta Cahuita, una zona paludosa che si protende verso il mare tra due lingue di sabbia. Il promontorio spesso sommerso dalle acque è ammantato di priorie e manghi ed è frequentato da numerose specie di avifauna, tra cui ibis verdi, nitticore capogiallo, aironi becco a cucchiaio e il raro martin pescatore rossoverde.

Le torbide acque del Rio Perezoso (fiume dei bradipi), tagliano in due Punta Cahuita. Lungo le spiagge vivono granchi terrestri e granchi violinisti che attirano mammiferi come il procione granchiaiolo e il nasua dal naso bianco.


La fauna locale comprende anche cebi cappuccini, opossum comuni e bradipi tridattili. Il mammifero più facilmente visibile è la scimmia urlatrice dal mantello, di cui è impossibile non notare la presenza.




Così, dopo una giornata intera passata in questo meraviglioso Parco, quasi sempre con il sottofondo delle scimmie urlatrici, molto frequenti da sentire, un po' meno da vedere, salutiamo questo angolo di paradiso, patria dell'ecotursimo. Siamo rimasti incantati dalla ricchezza e dalla biodiversità dell'ecosistema del Costa Rica e da come i costaricensi (ticos) siano riusciti a preservarlo. 

Un simpatico slogan, ma anche un autentico modo di essere: 
Costa Rica, Pura Vida 



lunedì 1 dicembre 2014

COSTA RICA (coast to coast)  
dall'Oceano Pacifico ...














A dicembre, pensando ad un posto ove poter fare trekking con temperature gradevoli, vista la stagione invernale, abbiamo deciso di partire, zaino in spalla, per il Costa Rica, 


la cui descrizione assomigliava molto a quella di un parco giochi tropicale: sentieri che conducono a cascate impetuose, vulcani immersi nella nebbia, spiagge deserte ...

Con le sue imponenti montagne, i canyon, le fitte giungle, le foreste nebulari e due tratti di costa, il Costa Rica è una delle destinazioni migliori e più varie per l'escursionismo e per il trekking (considerando che oltre un terzo del territorio beneficia di una forma di protezione ambientale e che la biodiversità qui è maggiore rispetto a Stati Uniti ed Europa messi insieme).

Così abbiamo deciso per un itinerario da costa a costa (coast to coast), dalla costa Pacifica a quella Atlantica, cercando di visitare il più possibile nelle due settimane di tempo a nostra disposizione.




Prima tappa del viaggio è stato il Parque Nacional Manuel Antonio, nei dintorni di Quepos, sull'oceano, a metà della costa Pacifica.
Questo Parco fu istituito nel 1972 evitando proprio all'ultimo minuto che la zona fosse disboscata per fare spazio a un grande progetto urbanistico lungo la costa. 



Al suo interno una rete di sentieri chiaramente tracciati attraversa spiagge tropicali e promontori rocciosi circondati dalla foresta pluviale.


Se ciò non fosse già abbastanza, a tutta questa bellezza va aggiunta la ricca popolazione di iguana, scimmie urlatrici, cebi cappuccini, bradipi e saimiri.

Abbiamo girato il Parco per tutta la giornata, avvistando tanti animali e riposandoci nelle paradisiache spiagge, lambite da acque turchesi: Playa Espadilla Sur e Playa Manuel Antonio.

















Altra tappa di rilievo, sempre sull'Oceano Pacifico, a sud, il Parque Nacional Marino Ballena, nei pressi di Uvita. 


Questo straordinario Parco marino è stato istituito per la salvaguardia dei coralli e delle barriere coralline che circondano Isla Ballena. 

Nonostante la modesta estensione, la riserva riveste una notevole importanza, soprattutto per le megattere che vi transitano lungo le rotte migratorie, per le colonie di delfini. Il periodo migliore per questi avvistamenti è da Dicembre ad Aprile, ma quest'anno i veri esperti dello studio di questi passaggi diceva che il periodo si era leggermente spostato in avanti ... peccato!

Questo Parco non è molto visitato dai turisti, per questo, siamo riusciti ad avvistare, sulle spiagge, di sabbia dorata e rocce levigate, numerosi animali appartenenti a diverse specie.

Muovendoci a Nord, sempre sulla Costa del Pacifico, abbiamo raggiunto il "pueblo" dall'atmosfera hippy e rilassata, Montezuma.
Il posto offre davvero tante cose da vedere, in particolare le tre cascate di acqua dolce (cataratas), il sentiero lungo il magnifico litorale (sueno verde) e la Reserva Natural Absoluta Cabo Blanco.



Quest'ultima è stata la prima area protetta istituita nel Costa Rica. Il microclima umido della zona favorisce la crescita della foresta sempre verde, molto diversa dalla foresta arida tropicale tipica di Nicoya. 





La Riserva fu istituita da Karen Mogensen e Nicholas Olof Wessburg, una coppia danese/svedese che si era stabilita a Montezuma negli anni '50. 
Tra i primi ambientalisti del Costa Rica nel 1960, scoprirono che alcune zone di Cabo Blanco erano minacciate dal disboscamento. All'epoca infatti il governo costaricense era principalmente orientato allo sviluppo agricolo del paese, e non aveva ancora intrapreso l'attuale politica di tutela ambientale.
Karen e Olof esercitarono un ruolo determinante nel convincere il governo a istituire un sistema di Parchi Nazionali, che avrebbe portato alla creazione della riserva di Cabo Blanco nel 1963. 

La coppia continuò a lottare per la protezione di un numero sempre maggiore di aree di interesse ecologico, ma nel 1975 Olof fu ucciso durante una campagna di sensibilizzazione nella Peninsula de Osa.


Karen portò avanti la loro lotta fino alla sua morte, nel 1994, 
oggi i due sono sepolti nella Reserva Absoluta Nicolas Wessburg, luogo in cui sorgeva la loro fattoria. 












Cabo Blanco è definita una riserva naturale "assoluta" perchè fino alla fine degli anni '80 ne era vietato l'accesso ai turisti.
Oggi anche se il nome non è cambiato, alcuni sentieri sono stati aperti ai visitatori, in particolare il Sendero Sueco (sentiero svedese) e il Sendero Danes (sentiero danese).

Abbiamo deciso di intraprendere il sentiero che porta all'estremità del promontorio ove, alla fine, vi è un'ampia spiaggia di sabbia e ciotoli. Orlata dalla giungla e protetta da due promontori scoscesi, uno dei quali è una scogliera protesa verso l'isola al largo della costa.   



Ultima tappa sulla Costa del Pacifico, Tamarindo, più precisamente alla Playa Grande, una spiaggia ampia e bellissima, che si estende dall'estuario di Tamarindo, per circa 5 Km (da qui il nome di Playa Grande). 

Qui, dopo splendidi tramonti, per tutta la notte, la natura ripropone un antico ciclo vitale: è il momento delle tartarughe che seguendo le correnti tornano al luogo che le ha viste nascere per deporvi le uova. 
Dal 1991 Playa Grande fa parte del Parque Nacional Marino Las Baulas de Guanacaste, che tutela uno dei luoghi di nidificazione delle tartarughe liuto più importanti al mondo. 
Accompagnati dall'ex direttore del Parco, grande appassionato di tartarughe, che abbiamo trovato fortuitamente, siamo partiti, dopo il tramonto, per sperare nell'avvistamento di qualche tartaruga che veniva a deporre le uova.

Siamo stati molto fortunati perchè, nel giro di qualche ora, ne abbiamo viste davvero tante che salivano sulla spiaggia per la deposizione, fenomeno che siamo riusciti a seguire da vicino due volte, nonostante l'elevato numero di tartarughe che venivano in spiaggia, anche perchè la procedura intera di deposizione durava circa 1 oretta (voglio precisare che la foto è stata scattata nel momento della deposizione vera e propria, quando la tartaruga entra in uno stato di trance). 
Abbiamo anche aiutato le guide del Parco a "spostare" le uova appena deposte (circa 60 uova a tartaruga), una volta che la tartaruga rientrava in mare. 
Questo per evitare il frequente furto di queste uova (vendute al mercato nero per 100 dollari l'una) da parte di persone che al mattino facilmente avrebbero notato il luogo di deposizione seguendo la grande scia lasciata dall'animale.

Dopo questa emozionante esperienza abbiamo salutato il Pacifico, diretti verso l'altra costa, Atlantica ...